Home » Psicologia » Intelligenza ecologica: la sfida evolutiva per l’umanità moderna.

Intelligenza ecologica: la sfida evolutiva per l’umanità moderna.

Intelligenza ecologica è l’opera che completa la trilogia – dopo Intelligenza emotiva e Intelligenza Sociale- dell’ormai celebre Daniel Goleman.
Un testo chiaro, semplice ma ben approfondito, che porta in luce un tema caldo, complesso e molto attuale.
A Goleman in particolare va riconosciuto il merito di aver coniato – com’era avvenuto per le due opere precedenti – un termine innovativo che pone in risalto un’intrinseca qualità potenzialmente presente negli strati più profondi della coscienza umana e che, oggi più che mai, l’umanità ha bisogno di riscoprire e potenziare se vuole dare continuità alla propria sopravvivenza e a quella dell’intero pianeta.

Intelligenza ecologica

L’intelligenza ecologica è definita dall’autore come la capacità di “apprendere gli effetti delle attività umane sugli ecosistemi, di applicare ciò che abbiamo imparato nello sforzo di causare meno danni possibili e, ancora una volta, condurre una vita sostenibile all’interno della nostra nicchia ecologica, che oggi corrisponde all’intero pianeta”.

Goleman sottolinea come, da un punto di vista evoluzionistico, il cervello umano sia perfettamente equipaggiato per riconoscere i pericoli che ricadono nel nostro campo sensoriale, mentre sembra non aver ancora pienamente sviluppato la capacità di individuare “minacce meno palpabili, come il lento surriscaldamento del pianeta, l’insidiosa diffusione di particelle chimiche distruttive nell’aria (…)”.
Eppure, proprio queste minacce che sfuggono alla nostra soglia di percezione sensoriale e che non sono immediatamente riconoscibili dal nostro sistema di allarme, sono quelle che attualmente costituiscono i pericoli più insidiosi per la sopravvivenza umana, oltre che per le altre specie e il pianeta stesso.

Di fatto però, la routine della società moderna si svolge senza una chiara presa di consapevolezza dell’impatto delle singole azioni quotidiane sul nostro habitat.
Viviamo sommersi da piccole e grandi preoccupazioni quotidiane che ci toccano da vicino, mentre ignoriamo collettivamente i segnali di grave pericolo in cui riversa il nostro pianeta, proprio a causa dell’azione umana.

La sfida evolutiva più importante, attualmente, se vogliamo dare un futuro al pianeta, è quella di sviluppare pienamente il nostro potenziale di intelligenza ecologica, ponendo questa saggezza profonda a guida interiore delle nostre azioni.

Come colmare la lacuna dell’intelligenza ecologica?

Se il cervello dell’essere umano contemporaneo non è predisposto a cogliere i sottili segnali di pericolo, come la presenza negli oggetti di sostanze tossiche per l’uomo o l’impatto fortemente dannoso di un prodotto, ad esempio, per le falde acquifere, è possibile colmare questa lacuna evolutiva con uno sforzo attivo di tipo cognitivo.

Si tratta di sviluppare la neocorteccia, attraverso la quale apprendiamo intenzionalmente, per acquisire le conoscenze necessarie a individuare le nuove minacce che sfidano l’apparato sensoriale dell’uomo contemporaneo.
Con un impegno attivo, possiamo apprendere le conseguenze più sottili delle nostre azioni e possiamo migliorare la nostra abilità di agire in modo consapevole per preservarci da danni incommensurabili.

Una simile comprensione però richiede l’intervento anche della nostra intelligenza sociale.
Come dice Goleman “questa comprensione richiede un vasto bagaglio di conoscenze, così immenso che nessun singolo cervello potrebbe contenerlo tutto.
Ciascuno di noi ha bisogno dell’aiuto degli altri per orientarsi tra le complessità dell’intelligenza ecologica. E’ necessario quindi collaborare.”
Attraverso la condivisione delle informazioni acquisite, la conoscenza dei singoli diventa a disposizione del gruppo.
E’ con questo tipo di collaborazione che l’intelligenza ecologica può diventare patrimonio dell’umanità.

L’autore, in particolare, elenca tre regole essenziali che potrebbero aiutarci a elaborare questo tipo di intelligenza:
1. Conosci i tuoi impatti;
2. Favorisci i miglioramenti;
3. Condividi ciò che hai appreso.

Un’eco-miopia ad ampio spettro

L’autore sottolinea a varie riprese che la sconnessione tra le nostre azioni e le loro conseguenze sia tenuta in piedi da una diffusa “ecomiopia”, sostenuta da un ampio gioco di prestigio a cui sia produttori che consumatori partecipano reciprocamente.
Una grande mole di informazioni di cui dovremmo disporre per poter agire un ruolo decisionale attivo, ci è completamente ignota, e di questa ignoranza sono corresponsabili sia i produttori che gli acquirenti.
Da un lato infatti le aziende non si fanno carico di divulgare le informazioni essenziali sugli svariati impatti ambientali che ogni singolo prodotto comporta in ogni fase del suo ciclo di vita.
Dall’altro, gli acquirenti, sopraffatti da un’inerzia cognitiva, non si assumono lo sforzo di approfondire ciò che non è immediatamente visibile.
Siamo tutti dunque sia vittime che complici di questa asimmetria dell’informazione.
Alla base dell’ ecomiopia collettiva poi sembra esserci un sottile autoinganno che ci appanna la visuale: “non solo non sappiamo che impatto abbia ciò che compriamo, ma non sappiamo nemmeno di non saperlo”.
E di pari passo con l’autoinganno vi è un’insidiosa menzogna vitale che ci raccontiamo – ovvero una storia confortante che nasconde una verità più dolorosa – “ciò che non conosciamo o che non possiamo vedere non ha importanza”.
Chiaramente, non possiamo più permetterci il lusso di continuare a coprirci gli occhi.

Alla dilagante ecomiopia contribuiscono anche le politiche del greenwashing (letteralmente, “lavaggio verde”). “Significa mettere in luce selettivamente uno o due vantaggi di un prodotto al fine di dare un’immagine positiva all’intero oggetto.”
Goleman ci mette in guardia dalla facile tendenza a lasciarci raggirare dalle etichette “verdi”, quando non sufficientemente dettagliate.
Un esempio: la T-shirt che in etichetta mette in evidenza la composizione 100% di cotone biologico, mentre non fa alcun riferimento alla tintura effettuata con una serie di sostanze chimiche particolarmente tossiche.
Il greenwashing rischia di cullarci nella beata illusione che già stiamo facendo abbastanza, mentre nasconde sotto al tappeto tutti gli altri innumerevoli impatti negativi.

Una trasparenza ecologica radicale

L’opera di Goleman ha soprattutto il merito di portare all’attenzione del lettore-consumatore ignaro la vasta gamma di effetti che l’intero processo produttivo di ogni merce comporta a vari livelli.
Effetti ben lontani non solo dalla nostra consapevolezza collettiva di consumatori, ma anche dalla nostra possibilità di immaginazione.

Attingendo al campo di conoscenze di una disciplina emergente, l’ecologia industriale, l’autore fornisce numerosi esempi che fanno aprire gli occhi al lettore su tutto ciò che si cela dietro ogni singolo prodotto di uso comune.
Ciò che facciamo con gli oggetti infatti rappresenta solo uno stadio del loro ciclo di vita: per conoscere i reali effetti ambientali di ogni oggetto, è necessaria un’approfondita LCA (Life Cycle Analysis).
L’LCA o analisi del ciclo di vita è “un metodo che consente di suddividere sistematicamente ogni prodotto nei suoi componenti e nei loro processi industriali sussidiari, e di misurare con precisione quasi chirurgica il loro impatto sulla natura, dai primi passi della loro produzione fino allo smaltimento finale”.
Ad esempio, per calcolare l’LCA di una Mini Cooper occorre misurare l’impatto ambientale di ognuna delle sue migliaia di componenti, e l’analisi di ciascuno di questi elementi tiene conto di ogni fase del processo produttivo, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, allo smaltimento.

L’autore immagina che una via percorribile per un futuro ecologico sia quella di una trasparenza ecologica radicale, ovvero una comunicazione chiara, trasparente, semplice ma esaustiva, che le aziende produttrici dovrebbero mettere a disposizione dei consumatori.
Questa possibilità per noi acquirenti di disporre di una chiara conoscenza degli impatti ecologici dei prodotti, ci metterebbe in grado di esercitare un potere decisionale basato su una consapevolezza ecologica di più ampio spettro.

Il nostro potere di consumatori

Come possiamo agire la nostra intelligenza ecologica in qualità di consumatori?
Attualmente, le scelte tra gli scaffali dei negozi vertono principalmente su due forze di mercato: il prezzo e la qualità.
Chiaramente, la pressione esercitata da noi consumatori su queste due componenti, è la leva che spinge le aziende ad adottare pratiche produttive poco sostenibili, al fine di poter produrre sempre di più, velocemente e al minor prezzo possibile.
Non sono soltanto le aziende ad essere poco sensibili verso l’ambiente, i lavoratori o la nostra salute. Siamo anche noi consumatori a esercitare una forza trainante in questa direzione.
Perchè possa esserci un reale cambiamento nella società dei consumi, orientata a una maggiore sostenibilità su tutti i livelli, è necessario che in tutte le nostre scelte di acquisto entri una terza componente a definire il valore che attribuiamo alla merce: la valutazione dell’impatto ecologico.
Questa valutazione dovrebbe tenere conto delle conseguenze negative di un oggetto su tre piani interconnessi:
– la geosfera: suolo, aria, acqua, e il clima;
– la biosfera: i nostri corpi, quelli delle altre specie di animali e le piante;
– la sociosfera: le condizioni umane, soprattutto dei lavoratori;

Ma poiché le nostre decisioni di acquisto sono prevalentemente guidate dai numerosi stimoli sensoriali che ci catturano mentre facciamo la spesa, occorre uno sforzo cognitivo per mantenersi acquirenti attenti e consapevoli: è necessario che la consultazione delle informazioni diventi per noi una pratica abitudinaria.
Come consumatori, possiamo non solo orientare concretamente le decisioni delle aziende in direzione di una sostenibilità ad ampio spettro, ma possiamo esercitare anche un’influenza attiva sulle aziende chiedendo di fornirci le informazioni mancanti o di cambiare la composizione di un prodotto.

“La trasparenza radicale conterà come forza di mercato solo se riuscirà a diventare fenomeno di massa; è necessario che un alto numero di consumatori prendano una quantità enorme di piccole decisioni basate su questo genere di informazioni”.

L’intelligenza ecologica come sensibilità onnicomprensiva

Sebbene l’autore ponga un accento di rilievo sull’apprendimento intenzionale degli impatti ecologici di ogni scelta, occorre anche considerare che il salto qualitativo di un’intelligenza ecologica deve essere sostenuta, oltre che da uno sforzo di ampliamento conoscitivo, anche da una radicata e matura coscienza collettiva che deriva dalla comprensione profonda, e visceralmente sentita, che esistono innumerevoli interconnessioni tra tutti gli elementi che fanno parte dell’ecosistema terra.

A questo fa accenno anche Goleman quando afferma che “l’intelligenza ecologica fonde queste abilità cognitive con un’empatia per la vita nella sua totalità (…).
Mostriamo questa empatia ogni volta che ci angosciamo di fronte a un segno della “sofferenza” del pianeta o ci decidiamo a migliorare le cose.
Questa empatia allargata aggiunge a un’analisi razionale di causa-effetto la motivazione per offrire il nostro aiuto.
Per attingere a questa intelligenza dobbiamo superare il pensiero che pone l’umanità al di fuori della natura.”

In altre parole, perché la nostra intelligenza ecologica possa pienamente svilupparsi, abbiamo bisogno di lasciar emergere la nostra capacità di sentirci profondamente connessi all’intera rete della vita di cui tutti – esseri umani, animali, piante e minerali – facciamo parte.

L’augurio che rivolgo a tutti noi è di compiere insieme passi consapevoli verso questo tipo di intelligenza e saggezza interiore.

Nashira Laura Andreon

Psicologa Psicoterapeuta

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.