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Aiutare la sviluppo emotivo del bambino

Oggi ci occupiamo di un tema importante e delicato quale lo sviluppo emotivo di un bambino, come favorirlo in quanto genitori o figure che si prendono cura dei bambini.

Premettiamo innanzi tutto che non esiste il modo giusto di fare i genitori, ma molti modi per crescere bambini equilibrati e felici. Ricordiamoci che nessuno può competere con l’ideale di genitore perfetto che ha in testa. Anche perché non esiste un genitore così.

Gli errori sono assolutamente previsti e possono diventare momenti preziosi per comprendere qualcosa in più di sé ed evolvere noi stessi e nella relazione con l’altro.

I genitori dovrebbero poter condividere la grande responsabilità di crescere un figlio con altre figure altrettanto importanti come i nonni, gli zii, altri individui della famiglia, amici, la scuola, il pediatra, la società che circonda il nucleo familiare. Tutti possono contribuire a dare quel sostegno positivo ai genitori nella cura di un individuo che si sta formando.

Ovviamente l’ambiente sociale e relazionale non è l’unico fattore coinvolto; anche i geni fanno la loro parte (il cosiddetto temperamento) nell’incidere sulla personalità futura e sul carattere di una persona.

Teniamo presente che genetica e ambiente interagiscono e sono interdipendenti l’uno dall’altro. Un bambino dal temperamento calmo solleciterà un certo tipo di risposta dal suo ambiente che sarà diversa da quella che riceverebbe un bambino con un temperamento più inquieto. E’ pure vero che un ambiente relazionale sollecito e responsivo può influenzare notevolmente la futura personalità di un individuo, così come in senso inverso un ambiente ostile e inadeguato.

Sviluppo emotivo

Uno degli ambiti più delicati dello sviluppo umano è quello emotivo. L’adulto ha in questo un ruolo centrale.

Il neonato, già nei primi mesi di vita, impara a regolare le emozioni (non si parla di controllo ma di regolazione dell’intensità e del modo di esprimerle) guardando come fa il genitore.

Fino ai 18 mesi circa la modulazione delle emozioni avviene attraverso l’adulto che funge da interprete del mondo emotivo del figlio.

Successivamente il bambino è in grado di regolare l’intensità delle emozioni e l’espressione delle stesse in modo autonomo, lontano dai genitori.

Questa capacità, che si sviluppa progressivamente con l’età, dipende in buona parte dalla qualità del legame che si è creato tra genitori e figli (stile di attaccamento).

Crescendo, il genitore che parla con i figli delle loro emozioni favorirà lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, ossia della capacità di comprendere le proprie e altrui emozioni.

Entrare in sintonia e reincanalare

L’approccio descritto da Dan Siegel e Tina Bryson è quello di lavorare per permettere l’integrazione nel proprio bambino, tra emisfero destro e sinistro, tra cervello inferiore e superiore e tra le molteplici parti di se stessi.

Ogni momento di interazione con i propri figli può diventare un’opportunità per sviluppare queste competenze, anche i momenti di conflitto.

Brevemente, l’emisfero destro ci fa provare un’emozione perché riceve direttamente informazioni emotive dal corpo e dalle regioni inferiori del cervello, deputate alle emozioni.

L’emisfero sinistro invece ci permette di comprendere e parlare delle nostre emozioni. Se usassimo solo l’emisfero destro finiremmo per essere sommersi da una cascata di emozioni. Al contrario se usassimo solo emisfero sinistro saremmo solo ragione in un deserto emotivo.

L’integrazione tra i due emisferi ci permette di avere una vita equilibrata ricca e intensa.

Quando un bambino è investito da una tempesta emotiva (emisfero destro), rispondere subito utilizzando la logica (emisfero sinistro) è poco produttivo. Il cervello in quel momento è preso in ostaggio dall’emisfero destro e questo impedisce l’entrata in gioco della logica, dell’emisfero sinistro. E’ utile in quei momenti sintonizzarsi sullo stato emotivo del bambino, partendo dal proprio emisfero destro, così da permettere all’emisfero sinistro di rientrare in gioco. A questo punto è possibile utilizzare la logica per farlo ragionare e per trovare insieme delle soluzioni al problema.

Partire quindi dal contatto emotivo con lo stato emotivo del bambino prima di provare ad affrontare razionalmente la situazione.

Queste situazioni di empatia e unione permettono al bambino di sentirsi sentito, di sentire che lui esiste all’interno della mente del genitore. Quando un bambino prova una sensazione di sintonia con un adulto responsivo ed empatico, si sente bene con se stesso, perché le sue emozioni sono state riconosciute e condivise in uno stati di risonanza.

D.J. Siegel, M. Hartzell. “Errori dal non ripetere: come la conoscenza della propria storia aiuta a essere genitori.”

Ovviamente ci sono situazioni in cui il bambino rischia di mettere in atto un comportamento distruttivo e inappropriato , che è necessario interrompere subito prima di provare a entrare in contatto con lui.

Il principio che sta alla base di questa strategia è che i momenti in cui il bambino è sopraffatto dalle emozioni non sono i momenti migliori per insegnargli qualcosa perché, essendo preso in ostaggio dall’emisfero destro, non è ricettivo.

Validare le emozioni

A volte capita di dire ai propri figli “Non piangere” o “Non essere triste” o “Dovresti essere felice per..”. Sono frasi comuni e anche apparentemente innocue. Consideriamo però che i bambini imparano a riconoscere, comprendere e legittimare il proprio mondo emotivo proprio grazie all’aiuto dei grandi che traducono per loro in significato e parole quel groviglio sconosciuto di sensazioni di cui ancora non sono padroni.

Dirgli che non devono piangere o non c’è motivo di essere tristi, significa mandargli il messaggio che non va bene sentirsi così, significa invalidare le loro emozioni. Questo genera confusione in loro e può imprimere in loro credenze sbagliate.

Nominiamo le emozioni che prova il bambino, per insegnargli a gestirle e a non farsi travolgere.

Gli studi scientifici dimostrano infatti come il solo fatto di dare un nome all’esperienza emotiva che stiamo vivendo riduca l’attività dei circuiti neuronali nell’emisfero destro, diminuendo così l’intensità emotiva.

Le emozioni sono nuvole

Possiamo anche insegnargli che le emozioni sono come delle nuvole nel cielo, che passano e se ne vanno, non rimangono per sempre (un’emozione dura mediamente 90 secondi). A volte infatti quando siamo presi da qualche stato d’animo, soprattutto se doloroso, abbiamo la sensazione che durerà in eterno. Come adulti abbiamo imparato che non è così e possiamo insegnare ai nostri figli a dar valore a sentimenti che provano ma allo stesso tempo mostrargli come questi sono esperienze temporanee.

Insomma possiamo davvero aiutare i nostri figli a fiorire, a diventare esseri umani completi, fiduciosi, felici. E’ il più bel regalo che possiamo fare all’umanità. E mentre lo facciamo, ci scopriamo essere “umani”, naturalmente non perfetti.

Bibliografia:

Daniel J. Siegel, Tina Payne Bryson. 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino. Raffaello Cortina Editore
Myla e Jon Kabat-Zinn. Il genitore consapevole. TEA
Barbara Renzetti, Glenda Tripicchio (2010). Emozioni in Gioco: regolazione emotiva e tecniche di intervento nell’infanzia
Thich Nhat Hahn. Semi di felicità. Terra Nuova

 

 

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