Si respirava un senso di inclusione, partecipazione e rispetto reciproco alla due giorni del XIV Dalai Lama, l’81enne Tenzin Gyatso, tenutasi a Rho Fiera in provincia di Milano il 21 e 22 ottobre.
Il Dalai Lama, leader spirituale del Tibet, ha parlato a circa 9 mila persone e risposto con profonda umanità alle molte domande che gli sono state rivolte.
Da ogni parola arrivava un senso autentico di comune appartenenza all’umanità, il suo sentirsi esattamente come tutti noi che stavamo ascoltando, e non come la massima autorità spirituale tibetana.
Sul suo volto, un sorriso continuo, colmo di serenità, leggerezza e calore.
Riteniamo che la saggezza offerta dal Dalai Lama possa essere di ispirazione e riflessione interiore non solo per chi segue una via spirituale, o un certo credo religioso, ma anche per chi ha una visione laica del mondo: una saggezza che si rivolge a chiunque aspiri a coltivare la propria semplice umanità e desideri una vita piena e significativa.
D’altra parte, i valori più profondi radicati nell’essenza stessa della nostra natura, ci accomunano indistintamente tutti, a prescindere da una visione religiosa o laica della vita.
Ecco i suoi principali insegnamenti offerti in questi due giorni, che proviamo a riassumere in 12 punti.*
La strada per la felicità e la calma interiore
1. Siamo tutti uguali.
“Siamo fatti tutti allo stesso modo, siamo tutti uguali, abbiamo occhi, naso e bocca e vogliamo solo una cosa: essere felici. Nessuno vuole soffrire”.
Così apre la conferenza il Dalai Lama e su questo tema torna più volte nel corso dei suoi insegnamenti.
Al di là delle differenze superficiali, se guardiamo più in profondità chi siamo, alla base siamo veramente uguali: abbiamo un corpo umano, stesse emozioni, stessa mente, stesse speranze. Vogliamo essere felici e non vogliamo soffrire.
Non solo. Questo senso di comunanza possiamo contattarlo non solo fra esseri umani, ma fra tutti gli esseri senzienti, perché tutti abbiamo un senso del sé, tutti sperimentiamo piacere, felicità e sofferenza, tutti vogliamo stare bene.
E tutti abbiamo lo stesso identico diritto ad avere una vita felice.
Questa semplice constatazione può già cambiare la nostra prospettiva.
2.La natura umana è compassionevole.
“Lo hanno scoperto anche gli scienziati” – dice il Dalai Lama- “la natura fondamentale dell’essere umano è la compassione: non la proviamo forse quando ci abbracciamo e amiamo?”
Quando riceviamo affetto siamo felici, e quando proviamo emozioni distruttive, come il forte odio, la rabbia, la paura, l’avversione, esse sono di grande danno anche al nostro sistema immunitario.
Se la natura umana di base è compassionevole, e questo è dimostrato anche scientificamente, allora tutti noi siamo in grado di creare gruppi, famiglie, società compassionevoli, continua Tenzin Gyatso.
Questo allora deve essere il nostro impegno: coltivare la nostra natura umana compassionevole.
3. Esistono due tipi di felicità: quella vera viene da una mente calma e pacifica.
Ci sono due tipi di felicità: la soddisfazione che viene dallo sviluppo materiale, e quella che viene dalla mente, dal modo di pensare.
In una società materialista, è concepito come benessere ciò che viene dai valori materiali.
Ma poiché come esseri umani abbiamo un’intelligenza molto sviluppata, la felicità legata ai comfort materiali è assolutamente insufficiente per noi.
La dimostrazione viene dal fatto che le società materialmente più ricche, sono anche quelle in cui gli individui soffrono di più, e sperimentano più paure, ansia, stress.
Per essere felici quindi dovremmo curarci dei valori interiori, del benessere che viene da un buon uso della nostra intelligenza.
Il Dalai Lama parla anche della propria esperienza di uomo di 81 anni, che, a fronte di una vita non certo priva di problemi, ha trovato la tranquillità interiore dal coltivare un approccio intelligente e aperto alla realtà, in grado di osservare le varie situazioni da tutti i punti di vista.
Una mente calma, non in balia delle emozioni distruttive, ci permette di investigare meglio la realtà, donandoci la pace interiore.
4. Il segreto per vivere felici…
Tenzin Gyatso ci svela il segreto per la felicità: ricordarci che siamo parte di un’unica umanità, che siamo tutti uguali.
Pensare in quest’ottica più ampia, è di grandissimo beneficio per una mente felice e tranquilla.
Se poniamo troppa enfasi su noi stessi, questo porta diffidenza, chiusura, paure, e ci arrotoliamo su noi stessi.
Quando invece ci apriamo agli altri, al senso di comunanza e connessione, ci sentiamo più felici, meno soli, meno diversi.
Siamo in grado di guardare ai nostri problemi personali da una diversa prospettiva.
Lui stesso preferisce non pensarsi come tibetano, buddhista, o come “il Dalai Lama”, perché questo gli porterebbe solitudine e ansia.
Al contrario, sentirsi parte di una stessa umanità e guardare agli altri 7 miliardi di individui come un’enorme famiglia lo fa sentire incluso e più felice.
Aprirsi agli altri, occuparsi della felicità degli altri, coltivare la compassione e l’amore, è il segreto per vivere felici.
Quando si va verso l’altruismo universale, si va di felicità in felicità.
5. Per coltivare la compassione, bisogna conoscere la sofferenza.
La compassione è il non sopportare la sofferenza e provare un genuino desiderio di alleviarla.
Per coltivarla – sostiene il Dalai Lama – è importante essere in contatto con la sofferenza, approfondirla e conoscerla.
E’ solo da questa conoscenza e dal rendersi conto che la sofferenza è sofferenza, che sorge un desiderio di liberarsene.
Al contrario, se si pensa che alcuni aspetti della sofferenza siano felicità, non si riesce a generare un pensiero genuino di volersene liberare.
Per prima cosa, è importante generare questa compassione per se stessi, comprendendo tutti gli aspetti della propria sofferenza.
Poi, lo stesso sentimento va ampliato agli altri, pensando che anche loro soffrono e sentendo la loro sofferenza altrettanto insopportabile.
6. La compassione va estesa a tutti.
La compassione biologica, presente per natura in tutti noi, è parziale, continua il Dalai Lama.
Proviamo infatti un’istintiva compassione verso gli amici e le persone vicine a noi, ma non abbiamo compassione per i nemici.
Si tratta di una compassione orientata in base all’atteggiamento che l’altro ha nei nostri confronti, ed è perciò parziale.
La nostra aspirazione dev’essere quella di ampliare questo sentimento a tutti gli esseri, indifferentemente da come si comportano con noi.
Questa compassione non si basa sull’atteggiamento dell’altro, ma sul riconoscere che quella persona soffre proprio come noi.
“Prova a fare così: amplialo, prova ad abbracciare tutti dentro questo sentimento”.
7. Contrasta le azioni sbagliate, ma mantieni la compassione per chi le compie.
Il Dalai Lama ci ricorda l’importanza di distinguere tra le azioni sbagliate e chi compie tali azioni.
Le azioni dannose infatti vanno contrastate, ma nel farlo non va persa la compassione per quella persona, che sta comunque soffrendo.
Quello che deve muovere il nostro impegno nel fermare le azioni dannose, dev’essere anzi proprio la compassione: è proprio per il bene di chi compie azioni sbagliate, che esse vanno fermate.
Dobbiamo cercare di non far prevalere la rabbia e l’avversione per chi compie l’azione.
Anche nella politica e nell’impegno sociale, dovremmo coltivare questo modo di agire orientato alla compassione.
8. Rinforza l’amore con il pensiero.
L’amore di per sé non ha a che vedere con la logica.
Tuttavia, per rinforzare questo sentimento e dargli stabilità, abbiamo bisogno di aiutarci con il pensiero razionale.
D’altronde, sottolinea ancora una volta il Dalai Lama, siamo esseri umani che hanno bisogno di usare la facoltà di ragionare.
Per rafforzare l’amore, abbiamo bisogno di osservare quali sono i suoi sentimenti opposti (rabbia, avversione…) e di comprendere in che modo sono distruttivi per noi stessi e gli altri.
Allo stesso modo, dobbiamo osservare gli effetti dei sentimenti positivi, come l’amore e la compassione: ci fanno stare meglio sia fisicamente che mentalmente, e sono di beneficio anche agli altri (avremo famiglie migliori, quindi società migliori, e quindi una migliore influenza del mondo).
L’addestramento mentale nell’amore deve usare due tipi di meditazione: quella della concentrazione, che aiuta la mente a essere concentrata sull’amore, e quella della ragione, per rafforzare la certezza delle qualità dell’amore.
9. Il cambiamento nel mondo parte dall’individuo.
Cosa possiamo fare noi per la pace?
A questa domanda, il Dalai Lama risponde che il cambiamento nel mondo viene dal contributo del singolo individuo, dal proprio modo di pensare.
Ancora una volta, se ci si pensa come separati dall’umanità, allora i problemi dell’umanità ci appaiono troppo grandi per noi.
Ma l’umanità è fatta da un insieme di individui, e ogni individuo deve cominciare da se stesso, trasformando il proprio modo di pensare.
Le soluzioni arrivano da un pensiero intelligente e dal condividere poi queste certezze realistiche con altri.
“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, disse anche Gandhi.
10. Un’educazione e un’istruzione basate sulla compassione.
Molta enfasi è stata posta da Tenzin Gyatso sull’importanza di basare l’educazione e l’istruzione sulla compassione: un’educazione dei bambini basata sulla compassione sarebbe in grado di cambiare il mondo nell’arco di una generazione.
Nell’educazione dei figli, la cosa più importante è crescerli con tanto amore e compassione in modo da coltivare in loro un animo compassionevole.
E’ importante che i bambini arrivino all’età scolare avendo già formato un animo orientato alla compassione.
Fondamentale per il cambiamento dell’umanità sarebbe agire poi a livello dell’istruzione scolastica.
L’istruzione mondiale, attualmente, è troppo basata su un sistema materialistico e non tiene conto dell’umanità dell’individuo.
Inserire i valori della compassione e dell’amore nel sistema scolastico porterebbe a grandissimi cambiamenti positivi nel mondo in 20-30 anni.
In India si sta già lavorando per sviluppare un percorso educativo, dall’asilo fino all’università, basato su questi valori umani, su un’etica secolare, e sul pensare all’individuo all’interno della società.
11. I conflitti derivano dal porre troppa enfasi sulle diversità.
Da dove sorgono i conflitti, le uccisioni e le violenze nel mondo?
Vengono dal porre un’enfasi inutile su diversità secondarie, senza tenere conto di ciò che ci accomuna veramente.
All’origine c’è un pensiero discriminante del tipo “io e loro, la loro sconfitta e la mia vittoria, la loro vittoria e la mia sconfitta, per cui è giusto fare qualcosa, ucciderli, vincerli.
Tutti questi pensieri sono completamente obsoleti, fanno parte di una realtà antichissima che non è più la nostra.
Invece che concentrarci sulle differenze minime, dobbiamo andare a vedere qual è la realtà di base, che siamo tutti esseri umani, per cui siamo tutti uguali, tutti vogliamo essere felici.”
12. Il secolo dell’unità.
Nel ventunesimo secolo, concentrarci sulle diversità è qualcosa di obsoleto.
Dobbiamo realizzare che la nostra società è completamente interdipendente.
“Siamo tutti interdipendenti, il nostro futuro dipende dagli altri, per cui la mia felicità dipende dagli altri, e la felicità degli altri è anche la mia felicità.Questi sono i valori a cui dobbiamo pensare.”
Questo, secondo il Dalai Lama, dev’essere il secolo dell’unità, del “sentirci in accordo nel mondo,come un’unica famiglia.
Se pensiamo in questo modo e utilizziamo la nostra intelligenza in questo modo, sono sicuro che il rimanente di questo ventunesimo secolo può veramente svilupparsi in un modo molto di beneficio”. Si potranno risolvere i conflitti dialogando su una base comune.
“Questo secolo dev’essere il secolo della compassione, della pace, del dialogo intelligente.
Ciascuno di voi avrà 10-15 amici, comunicatelo con loro. Questi 10-15 amici lo comunicheranno ad altri, per cui da uno, dieci, cento, mille, un milione.
In questo modo si comunica questo tipo di saggezza.”
* La sistematizzazione secondo i punti sopra elencati corrisponde a una personale sintesi del pensiero espresso dal Dalai Lama durante i due giorni di insegnamenti.
Nashira Laura Andreon
Psicologa Psicoterapeuta
OM MANI PADME HUM