Quando si pronuncia questa affermazione, spesso frutto di profonde riflessioni, si sta facendo una scelta importante che quasi sempre è stata maturata nel tempo. Generalmente si tenta sempre di farcela da soli, come se chiedere aiuto fosse una resa, od un segno di debolezza.
Chiedere aiuto per sé o per i propri familiari è, al contrario, una dimostrazione di coraggio e maturità. Ci sono dei momenti nella vita durante i quali si ha la sensazione di non farcela a superare le difficoltà, o a comprendere perché ci si trova incastrati sempre nelle stesse modalità, e prendere la decisione di rivolgersi ad uno psicologo può segnare una svolta importante, in quanto segnala che la persona vuole cambiare, o comprendere veramente come agire per poter stare meglio.
Spesso sono proprio le persone che hanno intrapreso un percorso terapeutico a consigliarla ad amici o familiari, perché è attraverso l’esperienza personale che si può comprendere quanto la psicoterapia possa essere un’esperienza intensa ed importante.
A volte è la presenza di un sintomo a far prendere questa decisione; il sintomo infatti è un segnale di malessere e qualsiasi sia la sua entità, è sempre bene prenderlo in considerazione.
Altre volte ci si rivolge ad uno psicologo per farsi aiutare a comprendere perché non si riesce ad avere una vita sentimentale ed affettiva soddisfacente. O perché non si riesce proprio ad affrontare ed elaborare il lutto di una persona cara, o ad affrontare la propria o altrui malattia. O ad uscire da sentimenti di tristezza e frustrazione legati a problemi lavorativi. O perché ci si rende conto di non essere riusciti a risolvere antichi conflitti con i familiari.
Coloro che si rivolgono ad uno psicoterapeuta, infatti, non sempre portano sintomi ben precisi: in alcuni momenti della vita ci si può trovare in difficoltà per motivi legati alle fasi normali del proprio ciclo vitale: l’adolescenza, la nascita dei figli, difficoltà legate alla vita sentimentale o ad eventi straordinari come separazioni, lutti..
Altre volte sono difficoltà all’interno della coppia a suggerire di farsi aiutare da un “esperto”, a comprendere meglio che cosa sia successo o stia succedendo, perché le cose non funzionino più come prima. Spesso, infatti, i partner si trovano incastrati in accuse reciproche rispetto a “di chi è la colpa” del fatto che le cose non funzionano.
Passare dall’idea di colpa a quella di responsabilità è fondamentale perché quest’ultima, al contrario della prima, permette una riparazione. Il senso di colpa immobilizza, non ci lascia via d’uscita, mentre riconoscere la propria quota di responsabilità ci restituisce il potere di intervenire nella nostra vita.
Alcune coppie che iniziano una terapia rivelano di avere una sensazione di malessere che risale a molto tempo prima, ma che hanno cercato di minimizzare. Altre volte uno dei due accusa l’altro di non essersi accorto che le cose andavano male da tempo: in realtà la percezione del malessere può essere diverso nei due partners e ciò si concretizza nella difficoltà a chiedere aiuto.
Altre volte è un bambino, che attraverso il suo comportamento “problematico” mette in difficoltà i genitori e conduce la famiglia in terapia. Il bambino può manifestare il suo disagio in diversi modi: attraverso comportamenti aggressivi, disturbi d’ansia come varie forme di fobia, malattie psicosomatiche quali mal di pancia, mal di testa, o enuresi notturna, insonnia.. I genitori che, mossi dalla preoccupazione per il benessere del proprio figlio, si rivolgono ad uno psicologo per chiedere aiuto, possono trasformare la preoccupazione, l’impotenza ed il senso di colpa, spesso presente, in consapevolezza. Ciò permette di accedere a nuove risorse.
In ogni modo, chiedere un aiuto per poter stare meglio, non significa “essere malati”. L’immagine di chi si rivolge ad uno psicologo è molto cambiato negli ultimi anni, benché esista ancora una forma di resistenza rispetto all’utilità della psicologia e della psicoterapia.
Lo psicologo non è colui che viene “delegato” a curare o a guarire, ma è attraverso il lavoro congiunto, con un obiettivo comune che la persona può trovare dentro di sé delle risorse che da sola faceva fatica a riconoscere.
Silvia Sossi
Psicologa e psicoterapeuta
Io ci ho provato e sono rimasto molto deluso. Ne ho cambiati molti, e con tutti ho avuto l’impressione che la tirassero per le lunghe apposta per guadagnarci di più, che girassero intorno al problema senza mai affrontarlo. Non prendevano mai appunti su ciò che dicevo, e quindi ogni volta dimenticavano quanto avevo detto la volta prima e dovevamo ricominciare daccapo. Non tentavano mai di entrare nel mio mondo interiore, di praticare l’empatia. Cercavano di indurmi ad essere come loro pensavano che io dovrei essere, senza chiedersi se io voglio davvero essere come loro pensano sia bene per me. Ero solo un cliente uguale mille altri, a cui veniva applicata la stessa terapia standard: fai i tuoi 50 minuti, poi apri il portafoglio, paghi, esci ed entra un altro. Come in una catena di montaggio.