Ovvero godersi la seduta di Mindfulness e tutti i suoi ospiti.
Ce la metterò tutta!
Vi capita mai quando vi sedete in meditazione di trovarvi, dopo poco, in uno stato di leggera tensione che sfocia in sonnolenza o impulso ad alzarvi?
Spesso accade, quando ci sediamo a meditare, di nutrire un’aspettativa nascosta di raggiungere quello che crediamo essere lo stato meditativo adeguato: magari rilassato, o calmo, o senza pensieri (ognuno ha il suo).
Questa aspettativa entra nella nostra meditazione sotto forma di tensione mentale e fisica, sensazione di dover affrontare una performance, controllo.
Se non riconosciuta, questa aspettativa ci spinge ad impegnarci ancora di più nella meditazione, col risultato che la tensione aumenta e dopo un po’ vogliamo alzarci o ci viene sonnolenza.
Perché mi viene sempre sonno?
Perché abbiamo cercato di controllare e forzare la mente a fare ciò che noi avevamo in programma per lei. In questo modo non stiamo meditando, ma stiamo cercando di manipolare il nostro stato mentale. E la conseguenza è che la mente si ribella, rendendo la seduta un’esperienza spiacevole.
A questo punto è bene ricordare che Mindfulness significa:
riconoscere ed essere presenti a ciò che sta realmente accadendo
nella mia esperienza qui e adesso, qualunque cosa sia (calma, agitazione, nervosismo, gioia, rabbia, tristezza, neutralità, confusione, pensieri distraenti)
Quindi riconoscere se stiamo ad esempio provando irrequietezza, piuttosto che intervenire
per sostituire l’irrequietezza con qualcosa di meglio.
Possiamo notare come sentiamo questa irrequietezza nel corpo e nella mente, esplorare con curiosità sensazioni, pensieri, emozioni, metterci a proprio agio accanto a quella sensazione.
Stendere le rughe
Mindfulness però non è solo vedere sedando l’impulso a fare qualcosa (anche se questo è già moltissimo nel processo di meditazione). Ci sono almeno altri due elementi che entrano in gioco nella meditazione. Sono, da un lato l’atteggiamento con cui osserviamo la mente e dall’altro una componente attiva che introduce un sapore diverso alla pratica.
Vediamo di che si tratta.
L’atteggiamento è quello sguardo (metaforico) che la mente assume nei confronti degli stati interni (e anche esterni). È quel “mmm proprio non va” (sguardo accigliato) o “bene, così sta andando bene” (sguardo fiero) di fronte al panorama mentale. È il commento sotterraneo agli stati mentali, anche non necessariamente in forma discorsiva. È il giudice che valuta ogni istante quanto si discosta l’esperienza attuale da quella desiderata.
Bene, su questo sguardo interno o atteggiamento possiamo agire, ammorbidirlo un po’, addolcirlo, semplicemente notare (con intento gentile) che tonalità ha assunto.
È come stendere le rughe (fisiche e mentali) della fronte quando siamo molto tesi.
Quindi non stiamo agendo sul contenuto che è in onda in quel momento sul canale mentale, ma sul nostro modo di guardare quel programma; ci permettiamo di rilassarci un po’ con quello che c’è.
Quando provo un’emozione di irrequietezza nella seduta, sottilmente mi allarmo (mmm.. così non va”), lo sguardo interno è teso, poi mi ricordo di respirare con quella emozione, come se volessi confortarla, confortarmi, permettendole di restare lì. Questo è un esempio di lavoro sull’atteggiamento. Non è un tentativo di cambiare quello che sento, l’irrequietezza, ma guardarlo con lo sguardo morbido, aperto, curioso. In questo modo l’esperienza si mostra in tutta la sua essenza e posso vederla bene e risponderle in modo garbato e saggio.
Instillare una scintilla di..
La componente attiva è l’instillare una scintilla utile in questa seduta di Mindfulness, magari contattando in noi un sentimento di fiducia, comodità, gentilezza o gratitudine.
A volte quando mi siedo sul cuscino, posso cadere nel programma routinario “adesso meditiamo” e così rendere la seduta un’attività da eseguire e spuntare dalla mia lista di cose da fare.
Allora, quando me ne accorgo, posso ricordarmi di apprezzare, come mi ha insegnato una saggia insegnante, iniziando la seduta con una domanda “Cosa c’è di bello ora?”. Questa domanda apre risposte diverse ogni volta, ma sempre mi guida a spostare lo sguardo laddove c’è il buono in questo momento (per esempio mi accorgo della spinta che mi fa sedere sul cuscino, che è una spinta generosa e saggia). Nulla di artificiale, solo con la mia macchina fotografica mentale metto a fuoco aspetti diversi da quelli che la routine mi propone, ma tutti potenzialmente presenti ora.
Per approfondire ancora e allenare un approccio rilassato alla meditazione, potete leggere l’articolo Superare gli ostacoli nella pratica di Mindfulness.
Elisa Vezzi
Psicologa e Psicoterapeuta