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Psicosomatica in pillole

La psicosomatica è la scienza che studia il rapporto tra corpo e mente.

Non esistono vere e proprie malattie psicosomatiche, ma fattori psicologici che hanno un peso nel determinare o influenzare certe condizioni cliniche.

Il modello bio-psico-sociale

George Engel, padre del modello bio-psico-sociale, sosteneva già alla fine degli anni ’70 che “ogni condizione di salute o di malattia è la conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali e che compito del clinico è stabilire il peso di ciascuno di questi fattori per ogni patologia”.

In questo modo la persona viene curata nel suo insieme e non solo nei sintomi che manifesta, perché questi costituiscono solo la punta dell’iceberg di un sistema ben più complesso, che è la persona stessa.

Medico-paziente: una relazione di fiducia

Il medico che abbraccia una prospettiva psicosomatica conduce il colloquio anamnestico in modo più libero e meno strutturato per far emergere spontaneamente l’esperienza di malattia del paziente, le sue risorse personali e relazionali, lo stato di salute fisico e psicologico in generale.

Tra gli obiettivi principali del colloquio clinico c’è quello di costruire una relazione di fiducia con il paziente, che diventa co-responsabile del trattamento. Se questa fase viene ben accompagnata, il rapporto tra medico e paziente, di cooperazione, diventa un fattore che incide positivamente sul decorso medico.

La persona affetta da una malattia cerca nel medico un punto di riferimento competente e presente. E’ molto utile fissare colloqui a intervalli regolari e con una durata predefinita. Questo rassicura la persona, permettendole di affidarsi e allo stesso tempo argina richieste di attenzione eccessive.

Il colloquio clinico

Nei colloqui lo specialista ha l’opportunità di esplorare alcuni aspetti essenziali:

  • come la persona vive la malattia, quanto disagio esprime e quanto accetta o rifiuta la sua condizione clinica
  • come la persona si rappresenta la malattia in termini di impatto che questa può avere sulla sua vita, quali sono le cause, che controllo sente di poter avere sul suo andamento
  • come la persona comunica a livello non verbale, osservando se e come tocca la sua pelle, se nasconde le lesioni, se mostra segni di stress, ecc
  • se la persona sta attraversando periodi di vita particolarmente stressanti e quali sono i suoi fattori di resilienza (capacità di far fronte alle avversità) su cui far leva

Sulla base di questi primi incontri lo specialista stabilisce quale peso hanno i diversi fattori causali (organici, ambientali, sociali, psicologici) nella malattia per poter costruire un intervento mirato ed efficace.

In generale è utile che il medico fornisca informazioni chiare ed esaustive sulla malattia, su quelle che sono le principali cause, i fattori di mantenimento e peggioramento. Questo riduce la probabilità che la persona cerchi in internet le risposte ai propri dubbi, con il rischio di alimentare ansia e cattiva informazione.

E’ anche vero che il clinico dovrebbe selezionare il linguaggio e le argomentazioni comprensibili e accessibili a ciascuna persona.

Le malattie della pelle

Tra le discipline vicine al modello bio-psico-sociale vi è la psicodermatologia, che studia il rapporto tra psichiatria e dermatologia. Molte patologie dermatologiche risultano in effetti correlate a fattori psicologici nel loro manifestarsi e nell’andamento clinico.

La pelle è un organo complesso, che sta al confine tra mondo interiore e mondo esterno. Pensiamo a come le emozioni si trasferiscano sulla pelle (avere la pelle d’oca, arrossire, essere bianco dalla paura) e si comunichino agli altri e come allo stesso modo la pelle agisca da barriera rispetto agli agenti esterni.
Nel prossimo articolo parliamo di dermatite atopica, una condizione medica diffusa principalmente tra i bambini.
Restate con noi!

Elisa Vezzi

Psicologa Psicoterapeuta

 

 

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