Allenarci ad adottare un atteggiamento di accettazione verso gli aspetti di noi che non ci piacciono (ansia, rabbia, senso di colpa, gelosia, invidia, depressione, confusione, paura) ci permette di vederli con onestà e trasformarli.
Tecnica e atteggiamento
Nella meditazione di consapevolezza, anche detta Mindfulness, lavoriamo su due livelli paralleli ed entrambi indispensabili per poter sviluppare la presenza mentale.
Questi due territori sono:
- la tecnica, con cui ci alleniamo a lasciare liberi i pensieri di andare e venire nello spazio della mente, senza lasciarci coinvolgere, rimanendo quindi presenti a ciò che sta accadendo qui e ora
- l’atteggiamento, con cui rispondiamo a ciò che appare in noi, come contenuto mentale, di momento in momento (pensieri, emozioni, sensazioni, stati d’animo, schemi di pensiero, immagini, etc..)
Perché ci occupiamo del nostro atteggiamento?
L’individuo non è mai neutro rispetto a ciò che vede, fuori o dentro di sé; esprime sempre un giudizio. Questo accade quando incontriamo una persona nuova o visitiamo un posto per la prima volta. E succede anche quando ci sediamo in meditazione e quello che facciamo è proprio osservare, da un punto di vista vigile, l’esperienza che si manifesta in noi.
Ad esempio, mi siedo sul cuscino e inizio a portare l’attenzione al respiro. E mi accorgo di essere estremamente lucida e concentrata, senza distrazioni, con uno stato d’animo di pace e una sensazione di rilassatezza nel corpo. A questo punto la mia mente, matematicamente, produce un pensiero del tipo “Come mi sento bene e come sono centrata oggi! Mi piace stare così. Come posso fare in modo di replicare questo stato anche nella prossima seduta?” Questo pensiero (atteggiamento), sotterraneo e rapidissimo, è un giudizio positivo sull’esperienza che sto vivendo. E porta con sé anche un aggrapparsi a quella esperienza perché non se ne vada.
Oppure mi siedo sul cuscino e inizio a distrarmi, sentirmi irrequieta, confusa e svogliata. Avere pensieri del tipo “Vabbè, oggi non va. Cosa sto qui a fare? Dovrei anche stendere il bucato.” In quest’altro caso, la mente non apprezzerà questo stato e potranno nascere emozioni di sconforto e delusione, inadeguatezza e fallimento (atteggiamento). A quel punto potremmo ritrovarci assorbiti in questo nuovo stato mentale spiacevole. E per chiudere il ciclo, la mente, sorvegliando su quello che sta accadendo, potrebbe iniziare a essere critica per esserci fatti prendere al gancio da questi schemi di pensiero (atteggiamento), come magari è accaduto altre centinaia di volte.
Queste due situazioni, nel positivo e nel negativo, esemplificano il meccanismo della mente di giudicare e reagire ad ogni esperienza, interna ed esterna. Nel caso delle esperienze positive, vogliamo trattenerle e fare in modo che non finiscano. Nel caso delle esperienze sgradevoli, vogliamo proprio farle terminare al più presto possibile.
In ogni caso, come potete intuire, siamo in balia dello stato mentale che colora la nostra esperienza di momento in momento e che è del tutto indipendente dalla nostra volontà. A volte saremo lucidi e rilassati, altre volte saremo agitati e confusi. E’ qualcosa di fisiologico. Non sarà il nostro approccio risoluto alle cose che cambierà questo scenario.
Imparare a stare con quello che c’è
Lavorare sull’atteggiamento significa abituare la mente a stare con quello che c’è, accettare l’incertezza rispetto al nostro stare, l’impossibilità del controllo, l’imprevedibilità dell’evolversi dell’esperienza soggettiva.
Stare con quello che c’è non significa rassegnarsi, ma proprio rilassarsi e dirsi “Sono così, in questo momento e va bene.” Posso mollare la presa sulle aspettative, sul controllo, sul giudizio. Posso davvero accettarmi per come sono. Questo mi permette di iniziare a lavorare su me stesso, perché posso lasciare emergere tutte le mie ombre e le mie aree non volute, con l’intenzione di andare in una direzione buona per me.
La chiave è rinunciare ad un atteggiamento severo e rimproverante a cui siamo abituati e iniziare a trattare con noi in modo morbido e incoraggiante.
Dovremo imparare delle capacità nuove,
che non dipendono da tecniche, ma dall’atteggiamento.
Rob Nairn
Elisa Vezzi
Psicologa e Psicoterapeuta
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Claudia Tremblay
Thank you so much Loren!
I am gratefull for your feedback.
Have a nice day.
Elisa